Trumbo. Una scusa.



Di "Trumbo" (in Italiano "L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo"), il film, scrivo esattamente due righe.
E' recitato magnificamente, è bello quanto basta ad un film che racconta una storia vera all'americana, girato con sapienza, ma senza stupire.

Ed è quello che dice veramente questa vicenda che dovrebbe interessare. Probabilmente alcuni giornalisti lo capiranno ma io, per qualche grazia che non merito, non sono uno di loro. Sono esattamente quello che sono, con un altro lavoro, con un'altra vita: una persona che è quello che vuole essere, ma che troppo spesso non ci riesce. Meglio: una persona che cerca di migliorare, come miliardi di altri essere umani, e in qualche modo fallisce. Il che non vuol dire che non ci provi. E' vero proprio il contrario. Un'identità, un carattere (va bene, schifoso), un vissuto, un futuro di non si sa quanto.

Vivo insieme a Voi tutti e mi farebbe comodo circondarmi, selezionando, solo di persone che mi comprendono e mi stanno ad ascoltare, possibilmente non troppo distanti da quelle che sono le mie idee (politiche, musicali, sulla letteratura, il caffè, le donne, i figli e tutto quello che vi passa per la testa), perchè, insomma, è meno faticoso e ormai ho un certa età (anagrafica). Che, poi, questa cosa verrebbe desiderata da tutti. Eppure, guarda la sfortuna, non va mai così.
Meglio: va così solo per gli idioti.

Ogni giorno, invece di Shangri La, c'è un intero universo di gente diversa da me, con pensieri che differiscono dai miei, con convinzioni contrarie, con il desiderio di farmi comprendere che, sì tutto bello, ma qualcosa che non va in quello che affermo c'è. Nessuno si stupisce, vero? Chiamasi anche questa vita, magari reale, magari poco televisiva. Quando ti senti un'etichetta che prude sulla testa e solo quella viene letta: tutto il resto di te non conta assolutamente nulla.

Tutta questa ipocrisia che mi permea mi ritorna indietro e mi fa ragionare in maniera lineare: sono imperfetto, faccio errori, ho convinzioni incancrenite, ho fatto ragionamenti vuoti. Chi potrebbe aiutarmi? Chiunque. Chiunque sia diverso da me, ma che io mi sforzi di vedere nella sua umanità, nella sua fallibilità, nella sua vera luce. Chiunque mi dia modo di vedere una parte di quel mondo là fuori che non ho notato: con parole diverse dalle mie, con uno sguardo che non è per forza diretto. Chiunque possa farmi crescere.
Questo dovrebbe essere lo scopo di essere cosiddetti umani.

Magari abbandonare qualche stereotipo messo lì a consolazione: c'è da lavorare, non è così comodo come parlare con un altro me stesso. C'è da soffrire, da abbozzare, da rendersi umili, da ascoltare, da incazzarsi a morte.
C'è da convincere chi si trincera dietro al "...io sono così e basta" che quella cesura netta è così stupida.
Nessuno è così e basta. Nessuno dovrebbe precludersi la possibilità di amarsi di più, di confrontarsi di più, di superare sciocchi e banali preconcetti, di aprirsi ad un altro senza essere un fantoccio compiacente.
Nessuno. O, almeno, non io.
Poi si vedrà chi è disposto a correre qualche rischio, chi vuole starci.


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